giovedì 7 ottobre 2021

Luca Milani, Warriors Grow Up And Die

    È diverso suonare quando le tue uniche preoccupazioni sono schizzare sullo skate e trovare i soldi per una chitarra, da quando sei sposato, hai figli, famiglia, lavoro, scadenze. Prima è tutto, poi è una parte. Prima è ogni cosa, poi è una cosa. Gli amici, i concerti, i dischi, le band sfumano come gli ultimi giorni dell’estate e Warriors Grow Up And Die racconta l’effetto di crescere, di seguire i propri idoli, e poi di accorgersi che il tempo induce a riflettere, a smussare gli angoli e a vedere secondo un punto di vista inedito. 

    Per raccontare questi passaggi, che non sono indolori e non sono facili, ci vuole sempre qualcosa in più, o qualcosa in meno, ed è così che Warriors Grow Up And Die si attesta attorno a un suono che per Luca Milani non è una novità, molto acustico era anche Scars & Tattoos, il suo esordio solista, ma che mostra le canzoni in una dimensione più accurata, più attenta alle sfumature, come se fosse necessario scavare dentro gli accordi e gli arrangiamenti per trovare quella maturità nell’espressione. 

    Se fin qui la vita in una rock’n’roll band e quella da songwriter hanno dovuto spesso devono coabitare, in questa occasione Luca Milani si è liberato da tutte le dinamiche di gruppo ed è andato a cercare una sua dimensione personale che si rivela gradualmente nelle canzoni, con sfumature strumentali inedite. Warriors Grow Up And Die ruota attorno alla sua voce di Luca Milani e le canzoni sono popolate dai fantasmi di Kurt Cobain (Nirvana), Chris Cornell (Soundgarden), Andrew Wood (Mother Love Bone) e soprattutto Scott Weiland (Stone Temple Pilots) a cui Luca Milani dedica una lettera intensa, toccante, sostenuta da un arrangiamento orchestrale imponente. 

    Una scelta inedita, che valorizza eroi che sono cresciuti, e sono scomparsi, perché è meglio bruciare che spegnersi lentamente, ma forse come racconta Warriors Grow Up And Die c’è un’altra possibilità, quella di crescere e guardare il rock’n’roll da un’altra prospettiva, con un’altra età, con la stessa passione. E allora i guerrieri crescono e cominciano a pensare in modo diverso, un po’ (di più) alla famiglia, e un po’ (meno) alla band. È così che va, ma quella scintilla resta: il rock’n’roll non è un gioco, è una passione che succhia la vita, ed è un modo per resistere alla vita vera.

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